insegnaci ad amare la nostra pazzia

Du, lass dich nicht verhaerten in dieser harten Zeit- Du, lass dich nicht verbittern in dieser bitteren Zeit (Wolf Bierman) Che pretesa essere amati da adulti se non ti hanno mai amato da bambino (A Busi) Hvad man ikke har haft som barn, faar man aldrig nok siden af (Tove Ditlevsen) To live without hope, to work without love (Virginia Woolf)

Friday, July 08, 2005

cantare contro la fame

Non c'è nulla di male, a prima vista, nel cercare di ajutare chi sta male, soffre, ha fame. Ci sono tanti modi e ognuno utilizza quelli che ritiene migliori e più adatti alla propria sensibilità.

C'è stato il Live 8, molti personaggi famosi e in vista si sono fatti vedere, si sono fatti sentire, hanno cantato, molti altri tra il pubblico sono accorsi come in ogni caso il pubblico accorre ogni volta che c'è la possibilità di assistere a un evento. Un concerto, un incidente, una carneficina, una sparatoria, una rissa: non fa differenza, l'importante è puntare gli occhi e poter dire di esserci stati anche se non si è "visto", capito, sentito niente. Ma la società dello spettacolo non è una novità, era così già al tempo dei greci e dei romani e probabilmente anche al tempo delle caverne.

Forse anche i poveri disgraziati e le povere disgraziate che dovrebbero beneficiare dell'evento in questione sono contente che si sia parlato di loro, che l'attenzione sia stata posta, seppure solo per lo spazio di un concerto, sulle loro difficoltà.

Ma la voce dei diseredati della terra non si è sentita, non si sente mai. E anche quando qualche giornalista o qualche fotografo o qualche operatore televisivo si avvicina a questi resti umani l'obiettivo è narcisistico, autoriflettente, speculare: farsi vedere mentre si guarda.

Nella società in cui tutto fa spettacolo, in cui la pletora di informazioni non serve a garantire migliore conoscenza ma a annegarla nel mare della quantità, manca la cosa più importante: il pudore.

Miss B si chiede - e lo fa senza retorica, con genuina curiosità - come mai così tante persone, anche sagge, anche sveglie, anche consapevoli, continuino a guardare la scatola che parla e si vede. Che cosa ancora deve accadere perché si persuadano non solo a spengerla ma a gettarla via ?

3 Comments:

At July 09, 2005 9:10 am, Blogger Totentanz said...

Un black out mondiale permanente?

 
At July 11, 2005 10:58 am, Anonymous Anonymous said...

“Ma dov’è la televisione?!”: è la domanda che inevitabilmente, dopo un attimo di smarrimento, mi viene fatta da chiunque entri in casa mia. In casa mia, infatti, la televisione non c’è, e quando confermo ai miei ospiti che effettivamente no, la televisione non ce l’ho, immancabilmente il loro sguardo si fa stuporoso, e sono assolutamente certo che se in casa mia mancasse il frigorifero o la lavastoviglie la cosa apparirebbe loro meno eccentrica.
Nei loro sguardi però, mi accorgo, non c’è solo stupore, ma anche, credo, ammirazione: che cosa sia e che cosa rappresenti la televisione una persona di intelligenza e sensibilità almeno decenti lo sa.
Specularmene, quando entro in una casa e vedo (succede sempre) che c’è la televisione subito provo un certo disagio, il senso di un pericolo incombente… Il disagio si fa poi vera e propria sofferenza quando quella cosa lì oltre ad esserci è anche accesa: so infatti che se rimarrò lì o se quella cosa lì non verrà spenta sarà inevitabile un’umiliazione alla mia intelligenza e un’offesa alla mia sensibilità.
Quando mi capita di parlare di queste cose con amici arrivo sempre a dire che una casa in cui ci sia una televisione è inevitabilmente una casa di malaffare. I più, credendo io stia scherzando, ridono…
Pecca forse di eccessivo snobismo questo commento? Non potrebbe importarmene meno.
v.

 
At July 12, 2005 2:20 pm, Blogger miss brodie said...

darling, in una società di massa chiunque decida di esprimere sempre e comunque la propria indivudalità è tacciato di elitismo o peggio, di snobismo. dunque benvenuto alla conventicola degli snob !

 

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