Caritas est deus
E' da molto tempo che non ci sono più le parole per parlare dell'amore senza correre il rischio di dire cose trite, banali, scontate. Almeno dall'epoca dei Romantici, che hanno inventato l'amore per come lo conosce oggi la gente che ascolta la musica e legge romanzi (got it ?). Qualcuno che ha detto qualcosa di interessante c'è o c'è stato: EM Cioran ha chiamato l'amore l'incontro di due salive, e tutta l'opera di Aldo Busi è un'unica grande sublime analisi di che cosa significa amare ("offrirsi in pasto cibandosi").
Tuttavia oggi Miss Brodie ha voglia di attirare l'attenzione su un altro grande autore del suo Pantheon personale: Rainer Werner Fassbinder. Invece di chiamarlo - futilmente e pateticamente - l'enfant terrible del cinema tedesco del dopoguerra, i critici farebbero meglio a concentrarsi sul valore del suo pensiero che egli ha espresso instancabilmente in tutti i suoi film, film che liberano la testa, come lui stesso ha scritto (I film liberano la testa, Milano 1988).
Per capirne la grandezza basterebbe leggere i titoli di alcuni suoi film:
Liebe ist kaelter als der Tod [L'amore è più freddo della morte]
Warnung vor einer heiligen Nutte [Attenzione alla puttana santa]
Angst essen Seele auf [La paura mangia l'anima]
Wie ein Vogel auf dem Draht [Come un uccello sul filo]
Angst vor der Angst [Paura della paura]
Ich will doch nur, dass ihr mich liebt [Voglio solo che mi amiate]
Eine Reise ins Licht-Despair [Viaggio verso la luce-Disperazione]
In ognuno di questi film il regista mette in piazza gli eterni dilemmi umani: la solitudine di ciascuno di fronte alla società, il bisogno disperato e incolmabile di amore, l'orrore della vita che si accartoccia su se stessa e si accanisce contro chi non vuole sottomettersi alle sue immutabili e spietate leggi, le vite misere e meschine di poveretti destinati al fallimento senza possibilità di remissione o di redenzione.
Non è Fassbinder un autore che goda di popolarità, le sue verità scomode le usava per dare pugni in pancia a chi vuole accoccolarsi nelle romanticherie che la cultura popolare spaccia per verità per meglio ottenebrare esseri già obnubilati a furia di calcio amore e religione (non importa quale, anche il consumismo fa all'uopo).
La cosa meravigliosa che incanta chi lo ama è la consapevolezza che Fassbinder aveva che il suo lavoro non serviva e che tuttavia era imperativo che girasse quei film, che facesse dire quelle cose belle e crudeli ai suoi personaggi affamati di vita vera e sincera:
"Non si può parlare del senso della vita senza ricorrere a parole fallaci. Inadeguate. Ma non ce ne sono altre." (A proposito della disperazione e del coraggio di individuare e aprirsi a un'utopia).
1 Comments:
questa l'ho strappata a Ceronetti per lei :
Amo la categoria di quelli che soffrono perchè soffrire significa stato di poesia, sono con quelli che non sono amati abastanza perchè vuol dire che appartengono ad altri mondi, sono per gli squalificati perchè a nessuna categoria possono appartenere. Però la mano ha tante volte i segni di ripugnanza e si ritira per lo schifo di contatti troppo volgari e allora nasce che l'eroe sta in guardia per non guastarsi l'anima. Arturo Martini: Lettere a Francesco Messina
allo stesso tempo le dico che le ho preso uno delle migliaia (!) di biglietti per l'inaugurazione di settembre musica, se lei fosse così folle da accettare il viaggio. c'è quasi un'estate davanti, ci pensi.
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