Miss Brodie ha fatto una scorpacciata di film a tematica gay lesbica e queer in genere questa settimana che le ha fatto rivenir voglia di uscire e di stare - con moderazione - in mezzo alla "ggente". Un tempo questo era un appuntemento da lei atteso con ansia e trepidazione insieme visto che fungeva da interprete e traduttrice ufficiale per il festival e per gli eventi a esso connessi.
La manifestazione ha fatto molta strada: quest'anno la sede era non solo enorme e prestigiosa e tecnicamente la migliore in cui il festival si sia svolto finora, ma addirittura uno dei massimi templi della cultura milanese: il teatro Strehler. Segno, dunque, non solo dell'abilità degli organizzatori di ottenere il meglio (e non con uno schiocco di dita ma con un attento lavoro di avvicinamento alle istituzioni e cura diplomatica e sbattimento che dura tutto l'anno) ma anche indice di una maggiore disponibilità prima di tutto politica oltre che culturale da parte delle istituzioni stesse.
E tuttavia la Miss ricorda con emozione i tempi pionieristici in cui il festival con pochi soldi e molta fatica si sforzava di portare a Milano una ventata di cultura e di novità da ogni parte del mondo. In origine si trattava soltanto di poche pellicole fatte arrivare dall'altro Festival, di un anno più antico e di molto più noto, quello di Torino. Venivano ripresi i film più rappresentativi ma anche quelli che non dovevano immediatamente ripartire. Nel giro di pochi anni le giornate e il numero di film sono aumentati fino al vero e proprio salto di qualità come festival indipendente da quello sabaudo con non solo una sua autonomia organizzativa ma anche con sue caratteristiche proprie (un
focus sulla video art sperimentale) grazie all'attuale direttore che dieci anni fa ne ha preso le redini e che lo ha trasformato da evento di nicchia e di minima risonanza in momento culturale di grande respiro e di apertura a tutta la città.
La Brodie ci ha lavorato dal 1996 fino all'edizione del 2003, quando ha ritenuto fosse venuto il momento di ritirarsi dignitosamente: le nuove tecnologie hanno reso il suo lavoro obsoleto, oggi i film vengono sottotitolati elettronicamente e per gli interventi in sala l'interpretazione in simultanea non è più richiesta visto che ci si limita a fare un riassunto in consecutiva dei diretti interessati per i pochi che ancora non capiscono il globish, l'inglese lingua globale che è ormai diventato la favella planetaria.
Detto questo, la Miss ricorda ancora con commozione i momenti di divertimento e tutto il lavoro di preparazione: a differenza del festival di Torino quello di Milano ha sempre avuto pochissimi fondi pubblici (3000 euro dalla provincia quest'anno) e ha iniziato con un autofinanziamento del Centro di Iniziativa Gay di Milano e vive oggi grazie soprattutto agli introiti degli spettacoli (e dunque deve cercare di attirare il grande pubblico) e delle sponsorizzazioni faticosamente conquistate. Prima della Giunta Formigoni riceveva anche una sovvenzione dalla Regione Lombardia e prima delle Giunte Albertini anche dal Comune. Solo adesso torna in mente alla Miss una trasmissione su Telelombardia quell'anno in cui, il primo della giunta Formigoni, si seppe che la Regione non avrebbe concesso nessun finanziamento. Il direttore del Festival cercava di ragionare con un funzionario regionale per fargli capire che non si trattava di sovvenzionare della propaganda omosessuale ma un evento culturale che portava lustro alla città. Fu in quell'occasione che intervenne per la prima volta l'amministrazione provinciale che non ha mai fatto mancare il suo sostegno anche quando era di destra.
Per un pajo d'anni (se la memoria non inganna la Brodie era il 1998 e 1999) il festival milanese fu poi ripresentato in versione ridotta in appendice a Bologna e a Roma e la Miss partiva in trasferta con le pizze dei film o le videocassette. Sono state delle belle esperienze che le hanno fatto conoscere molte persone, all'epoca in cui Miss Brodie non era ancora una reclusa sociale ma al contrario usciva in continuazione come una pazza e viaggiava peggio che una zingara.
Dell'edizione 2006, a insindacabile giudizio della Miss i film più belli sono stati:
tra i lungometraggi,
Boy Culture, una divertente commedia scritta in maniera sublime e divinamente diretta da Allan Brocka sull'eterno dilemma dell'amore vero grande unico di tutta una vita. Il protagonista, una marchetta prestante e intellettuale (fisico da palestra e laurea in lettere), scopre a sue spese che "il sesso paga ma l'amore costa".
tra i cortometraggi e in assoluto di tutto il festival il film che più l'ha scossa e commossa, lasciata ammirata e interdetta e alla fine sorpresa e sconvolta è stato
Starcrossed, di James Burkhammer, un intenso e tecnicamente magistrale esame di "un indicibile amore che osa dire il suo nome e pagarne il prezzo". Purtroppo qui la Miss non può essere troppo esplicita a causa della scabrosità del tema trattato, ma sappiate che tutto il pubblico è rimasto con il fiato sospeso e indicibilmente ammirato.
Per i documentari la Miss è incerta. Il più commovente è stato
What is Gay ? di Jacqui Frost in cui molti ragazzini e ragazzine figli e figlie di coppie gay parlano di che cosa vuol dire per loro - quasi tutti eterosessuali con pochissime eccezioni - essere gay. La miss ha trovato emozionante vedere come i pregiudizi della società in cui molti di loro sono costretti a vivere non hanno scalfito la loro forza morale e la loro voglia di affermazione mentre era stupefacente il grado di articolazione critica del pensiero a un'età così giovane (nessuno aveva più di 14 anni).
Un altro documentario che ha amato molto è stato lo spagnolo
La nueva familia, di Manuel Zayas, che prendeva in considerazione il processo politico e sociale che ha portato la Spagna a essere il primo paese al mondo a non introdurre una particolare forma di unione per gli omosessuali ma semplicemente a estendere quello che è già un diritto per molti a un diritto per tutti i cittadini e le cittadine. Parecchi i momenti esilaranti, quali le interviste a un vescovo cattolico che pontificava su cose di cui non ha nessuna esperienza diretta o le audizioni al Senato di uno psichiatra che si presentava a dire che l'omosessualità era una patologia (era stato scelto dall'opposizione di centrodestra, il Partito Popolare di Rajoy). Uno degli attivisti gay proponeva di fargli un monumento perché le sue idee assurde e chiaramente dettate da pregiudizi hanno persuaso molti spagnoli a cambiare idea. Una scrittice si preoccupava invece dei pazienti dello stesso, considerandoli a rischio nelle mani di una persona evidentemente con problemi psicologici. Sublimi i momenti in cui i senatori spagnoli, che a differenza degli italiani sembravano persone semplici e magari modeste ma ricche di una grande dignità e consapevoli di svolgere un servizio alla nazione, dichiaravano che gli omosessuali non erano certo patologici, che erano diversi ma egualmente portatori di diritti che lo Stato deve garantire a tutti/e senza distinzione. Molto bello anche il momento in cui il Presidente del Senato richiamava all'ordine e alla procedura con un breve ma secco e ammirevole richiamo il rappresentante dell'opposizione che voleva continuare a discutere e a menare il can per l'aja: la discussione è stata svolta, voi avete avuto il vostro tempo per presentare le vostre obiezioni, adesso basta, adesso si vota, non è questo il modo di comportarsi e se pensate di raggiungere qualche obiettivo vi sbagliate perché l'unico risultato che raggiungerete con un simile comportamento (stavano iniziando a parlare uno addosso all'altro) è uguale a zero, e ve lo garantisce il Presidente del Senato. Che differenza con i comizi che si spacciano per dibattiti parlamentari nelle due Camere italiane !
Che bello, che emozione vedere gay e lesbiche in piazza subito dopo il voto, che sensazione ineguagliabile e impagabile quella di vedere i diritti democratici farsi realtà !
Un documentario che invece ha lasciato la Miss sgomenta è stato
Rainbow's End di Joche Nick, coprodutto meritoriamente da ZDF (Germania) e Arte (Germania-Francia), sui movimenti neonazisti in Polonia e l'omofobia rampante che li sostiene e non solo a parole, e sulle difficoltà che hanno gli omosessuali nella vita di tutti i giorni in un paese che è dopotutto membro dell'Unione Europea. Se qualcuno ha ancora dei dubbi sull'utilità sul senso sul bisogno delle marce del Gay Pride si guardi questo documentario coraggioso per farsi tornare la voglia di combattere.
La visione di questo film ha avuto anche l'effetto di far cambiare la posizione della Miss su alcuni punti che considerava fermi. Finora il suo atteggiamento verso la religione era abbastanza neutro nel senso che la vedeva come un'idiosincrasia (alla stregua dell'astrologia o dello yoga, del feng shui o del tai chi) che diventa pericolosa solo quando le gerarchie vogliono intromettersi nella cosa pubblica. Dopo aver visto Rainbow's End invece il pensiero brodiano ha avuto un'evoluzione: la religione è di per sé perniciosa perché impedisce alle cellule grigie di fare il loro lavoro di vagliare analizzare soppesare ragionare e produrre pensiero, è un buco nero della mente che crea dolore distruzione fame odio.
Quanti buoni motivi per vederci domani al Pride di Torino, alla faccia di Chiamparino, Calgaro, Rutelli e di quanti, indifferentemente di destra di centro e di sinistra, credono che i diritti vengano dal cielo o per gentile concessione di una qualche autorità preposta a tutelare la sensibilità dei benpensanti.
We shall overcome one day, and that day will come sooner than you think !
See you in Turin tomorrow, March with Pride !!!